ATROFIA VULVO-VAGINALE
Irritazione, bruciore, prurito, infiammazione e dolore durante i rapporti sessuali: ecco i principali sintomi dell’atrofia vulvo-vaginale (AVV), un disturbo poco conosciuto e sotto diagnosticato che insorge mediamente tra i 40 e i 50 anni e riguarda circa una donna su due in post menopausa.
E’ ancora poco conosciuta e sotto diagnosticata: il 63% delle donne non sa che è una condizione cronica ed oltre il 50% dei medici non ne parla con la paziente.
L’AVV consiste nella progressiva modificazione della struttura del tessuto vaginale e vulvare in conseguenza della carenza di estrogeni, che portano ad un assottigliamento delle pareti della vagina che diventano più fragili e meno lubrificate.
Quando la donna va in menopausa, il 47% delle donne è senza estrogeni e ha una secchezza vaginale che da sintomi chiari già tre anni dopo la menopausa. Dieci anni dopo la menopausa ne soffre tra 45% al 73%.
L’ AVV porta ad un’importante riduzione della lubrificazione vaginale. Inoltre può anche associarsi a lievi perdite ematiche, condurre ad infezioni e comportare dolore durante i rapporti sessuali. A causa dall’incremento dell’alcalinità vaginale (aumento del pH), spesso i sintomi dell’AVV vengono scambiati per infezioni. L’atrofia vulvo-vaginale, oltre ad intaccare la qualità di vita delle donne in post-menopausa, ha conseguenze molto forti anche sulla vita di coppia, sia da un punto di vista relazionale che rispetto all’intimità sessuale.
Dopo il calo del desiderio è uno dei problemi più sentiti della sessualità in menopausa. Ben il 67% delle donne con atrofia vulvo-vaginale evita l’intimità con il proprio partner.I problemi legati alla AVV portano la donna ad evitare l’intimità. L’avversione ai rapporti a causa del dolore, la sensazione di rifiuto, i litigi e l’aggressività che ne derivano possono causare crisi di coppia gravi fino alla separazione. Si può affermare che questo disturbo sia il “killer segreto” dell’intimità di coppia, infatti crea problemi anche all’uomo. La penetrazione è più difficile e, in alcuni casi può facilitare la comparsa di un vero e proprio deficit di erezione.
Da dove nasce la problematica
L’1% delle donne, anche italiane, va in menopausa spontanea prima dei 40 anni per ragioni genetiche; un altro 7% va in menopausa precoce sempre prima dei 40 per cure mediche come interventi per endometriosi che tolgono le ovaie ma anche di esiti di radioterapie e chemioterapie, un altro 11% va in menopausa spontanea prima dei 45 anni. Quindi, prima dei 45 anni è in menopausa il 17-18% , in un’età in cui una donna si sente una ragazza. C’è poi una quota di donne che va in menopausa più tardi, ci sono donne ad esempio che hanno il ciclo fino a 56-57 anni; infine vi è un gruppo di donne che ha sintomi più tardivi ancora per una serie di ragioni.
La prima è che le donne che avevano acne e peli in eccesso, quindi quelle che avevano una policistosi ovarica, hanno la tendenza a produrre più testosterone dopo la menopausa e questo se da un alto puo’ dare eccesso di peluria ma anche caduta di capelli, dal punto di vista della lubrificazione tende a mantenere comunque una risposta fisica migliore. La seconda ragione è che queste donne sono spesso in sovrappeso o obese e nel tessuto adiposo questo testosterone, che in parte viene dall’ovaio e in parte dal surrene (che in questo caso invecchia più lentamente), viene trasformato in estrone nel tessuto adiposo e quindi alcune donne, il 20-25%, hanno meno secchezza perché producono estrone, che è un estrogeno cattivo ma che ai fini della lubrificazione è efficace.
C’è sempre una ragione fisiologica dietro e non psicologica.
Diagnosi
Benché nella pratica quotidiana i medici effettuino diagnosi di atrofia vulvo-vaginale grazie al loro giudizio clinico e con l’ispezione visiva, oggi esiste uno strumento di misurazione più obiettivo: il Vaginal Health Index che, attraverso l’analisi di 5 parametri (elasticità vaginale, secrezioni vaginali, ph, mucosa epiteliale, umidità della vagina) consente di arrivare ad un punteggio finale che definisca la presenza e il livello di AVV.
La diagnosi dipende innanzitutto dai sintomi, la secchezza è il primo semaforo rosso che deve portare la donna dal medico; per la diagnosi c’è innanzitutto l’esame obiettivo perché è evidente una vulva e una vagina atrofiche che non hanno più il turgore tipico dell’età fertile; c’è anche peluria ridotta e secchezza sia della cute che delle mucose.
Poi c’è uno strumento che personalmente uso in tutte le visite e che consiste nella valutazione del pH, quindi, il grado di acidità vaginale. Quanto più ci si allontana dalla normale produzione ovarica tanto più il pH vaginale da 4 sale progressivamente fino a 7. I dati che ho presentato relativi a oltre 9000 donne mostrano come a 70 anni tutte hanno pH elevato perché non ci sono più ormoni. Il problema che un pH elevato, già superiore a 5.5-6, si associa con scomparsa di Lattobacilli, grandi amici della salute della vagina. La perdita di Lattobacilli si associa a quella che viene detta la “vaginite atrofica” che è un’infiammazione; quindi il bruciore provato dalla donna nei rapporti dipende proprio da questa infiammazione.
L’altro elemento importante che vedo con la visita è che molte di queste donne quando hanno secchezza , hanno anche un pavimento pelvico contratto perché se ho dolore tendo a contrarre il muscolo; ciò spiega anche l’associazione con le cistiti post coitali che compaiono 24-72 ore dopo il rapporto
Trattamento preventivo
A livello preventivo si possono innanzitutto iniettare degli estrogeni in vagina localmente prima possibile. Il profilo di sicurezza è straordinario e la donna puo’ usare l’estriolo che è leggero oppure gel al colostro oppure oli con acido ialuronico, pomate e fitosostanze ma anche il destromannosio che aiuta a ridurre l’E. Coli.
Novità nel trattamento
Se non vogliamo usare dei trattamenti locali e vogliamo anche una piena sicurezza dal punto di vista oncologico, il primo trattamento orale non estrogenico che ha il potenziale per diventare la prima alternativa agli estrogeni locali è L’OSPEMIFENE. Tale molecola sulla mammella si comporta come il tamoxifene cioè come un antagonista della proliferazione e, quindi, come un farmaco protettivo tanto è vero che è stato approvato a livello europeo anche per le donne che abbiano completato le cure per il tumore alla mammella. A livello di utero non da problemi e consente una buonissima lubrificazione vaginale.
Altra soluzione fantastica in donne che non possono utilizzare una terapia ormonale è il laser vulvovaginale, ad esempio molte di voi hanno sentito parlare del Monnalisa Touch. Cos’è questo “tocco miracoloso?”
MonnaLisa TouchTM è un trattamento di ringiovanimento vaginale (da non confondersi con i trattamenti di tipo estetico) basato su uno speciale sistema laser a CO2 frazionato, realizzato appositamente per questo tipo di applicazione medica. MonnaLisa TouchTM favorisce in modo sicuro e indolore il recupero dell’equilibrio della mucosa genitale con metodologie simili a quelle utilizzate per rallentare l’invecchiamento della sensibile pelle del viso.
Agendo con delicatezza sui tessuti della mucosa vaginale, il laser stimola la produzione di collagene, migliora la funzionalità dell’area trattata e ne ristabilisce la corretta irrorazione. Naturale, sicura e mini-invasiva, MonnaLisa TouchTM ridona tono ai tessuti, aumenta il flusso sanguigno e la lubrificazione: in una parola riporta alla normalità, con naturalezza, lo stato fisiologico delle pareti vaginali.
Per tale motivo ho assolutamente scelto per le mie pazineti che ne necessitano di introdurlo nel mio ambulatorio. Bisogna riappropriarsi di una fase importante della propria vita, la menopausa, gioendo di una serena vita di coppia e di una soddisfacente attivita’ sessuale.