RIPETUTI FALLIMENTI DI IMPIANTO: COME SI PUO’ TENTARE DI RISOLVERE
Le tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) sono procedure che permettono alle coppie sterili la possibilità di coronare il loro sogno. L’obiettivo primario di ogni Centro è quello di aumentare il successo di tali tecniche. Ogni ciclo prevede un tasso di gravidanza intorno al 25-28% intorno ai 37 anni; a tal ragione i medici vengono spinti alla ricerca di protocolli o tecniche nuove per aumentare tale risultato. Ogni tappa di tale processo può essere la chiave di svolta per l’aumento del tasso di gravidanza.
Il fallimento ripetuto dell’impianto (RIF) si verifica quando vengono trasferiti embrioni (blastocisti, ed attenzione al grading dell’embrione) che non si riescono a impiantare malgrado diversi cicli di trattamento di fecondazione in vitro.
Tuttavia, non esistono criteri uniformi che definiscano il numero di cicli falliti o il numero totale di embrioni trasferiti in questi tentativi di fecondazione in vitro. Di conseguenza a seconda del centro si possono utilizzare definizioni diverse per RIF. Considerando il normale tasso di successo di trattamenti di PMA e il numero medio di embrioni trasferiti in ogni ciclo, si pensa di definire RIF come il fallimento d’impianto in almeno tre tentativi consecutivi, con almeno 1-2 embrioni di alta qualità per ciascun ciclo (blastocisti appunto).
Il fallimento ripetuto dell’impianto può verificarsi per una serie di motivi includendo la ridotta ricettività endometriale secondaria ad anomalie della cavità uterina, endometrio sottile, variazioni anomale delle espressioni delle molecole di adesione tissutale e anomalie dello sviluppo dell’embrione umano, dovute a una scarsa qualità degli embrioni a causa di diversi fattori, tra cui anche fattori genetici.
Circa sedici anni fa, non esistendo anche tutta la omica dello studio endometriale, si pensò di utilizzare tecniche meccaniche per migliorare recettività endometriale e si iniziò a utilizzare lo scrapping endometriale. Il cosiddetto graffio endometriale ( o scrapping appunto) nel ciclo precedente al transfer sembrava infatti migliorare il tasso di successo. Il procedimento prevede un prelievo con Pipelle ripetuto due volte: una in fase follicolare e una in fase luteale. Tale metodica si basa sul concetto che l’ingiuria endometriale libera massicce dosi di growth factors e di citochine, tali da rendere più ricettivo l’endometrio stesso nel mese successivo. Alcuni autori hanno dimostrato che aumenta in modo netto l’espressione di geni necessari alla preparazione dell’endometrio per l’impianto. Anche se veniva utilizzato soprattutto in donne che poi effettuavano tecniche di PMA eterologa femminile (e torniamo alla qualità dell’embrione)
Studi della scuola anglosassone hanno riferito che transfer embrionari sequenziali possono essere utilizzati per aumentare la ricettività endometriale e migliorare l’outcome gravidico nei pazienti con ripetuti fallimenti. Però l’efficacia di questa procedura è ancora oggetto di dibattito. Il Dr Loutridis inoltre ha riportato un migliore tasso di gravidanza in pazienti con transfer sequenziali associati allo “scrapping” endometriale nel ciclo precedente. La loro spiegazione per tale miglioramento è l’ingiuria creata all’endometrio, che induce a sua volta la produzione di citochine che migliorano l’impianto.
Tuttavia, i risultati di questo approccio dipendono dal numero di ovociti fecondati e dalla qualità degli embrioni fecondati.
Ma anche questo in letteratura può essere confutato, ad esempio in uno studio prospettico randomizzato, il Dr Ledee-Bataille e i suoi colleghi riferiscono un tasso di impianto simile con embrioni in Day3 (terzo giorno) rispetto a embrioni in Day5 (quinto giorno). Inoltre, la cancellazione dell’intero ciclo di trattamento può avvenire a causa del mancato sviluppo degli embrioni allo stadio di blastocisti, con sfavorevoli conseguenze emotive ed economiche. Quindi, il trasferimento sequenziale potrebbe avere il vantaggio di un trasferimento a blastocisti senza esporre l’intero ciclo al rischio di cancellazione.
È importante notare che questa tecnica è adatta a pazienti che hanno un numero adeguato di embrioni di buona qualità da trasferire in entrambi i giorni, ma non adatto a poor responder (cioè donne con scarsa risposta ovarica)
Anche i protocolli di stimolazione rientrano nelle procedure per aumentare le probabilità di risultato nei cicli di PMA. Una nuova strategia per il trattamento delle poor responder è quello di somministrare E2 nella fase luteale del ciclo precedente alla stimolazione.
Sempre a riguardo di una maggiore risposta follicolare, alcuni autori negli anni hanno proposto l’uso di testosterone transdermico per aumentare la risposta nelle poor responder. È ben noto che gli androgeni sono prodotti dal metabolismo del progesterone e agiscono come substrato essenziale per la produzione di estrogeni. Tuttavia, riguardo ai follicoli, gli androgeni hanno dimostrato di esercitare sia un’azione positiva sia una negativa, secondo i modelli sperimentali.
Una componente fondamentale delle tecniche di riproduzione assistita è la selezione, da una coorte di embrioni, del più competente per il trasferimento. Attualmente viene valutata la morfologia per determinare l’embrione con il più alto potenziale di impianto, anche se purtroppo la selezione basata sulla morfologia ha dei limiti, con oltre il 70% di insuccesso. È probabile che questo fallimento sia dovuto all’assenza di embrioni competenti, ma soprattutto alla nostra incapacità di selezionare precisamente l’embrione più competente. La capacità di selezionare l’embrione più evolutivamente competente dovrebbe migliorare i tassi di gravidanza, consentendo allo stesso tempo il transfer di routine di un singolo embrione. I miglioramenti delle tecnologie e la riduzione dei costi grazie alle tecnologie “omiche”, tra cui genomica e proteomica, hanno permesso l’indagine di nuovi approcci diversi per valutare la morfologia degli embrioni umani. Sarà questa la vera evoluzione?